L’autunno è la stagione dei trip in mountain bike
L’autunno è probabilmente la stagione che preferisci. Non c’è quel caldo che dopo mezz’ora che pedali hai la sensazione di sabbia in bocca e non fa troppo freddo da renderti insensibili mani, piedi e parti intime senza neanche salire in bici.
E’ la stagione che per eccellenza segna la fine della stagione in bici e l’inizio, anglosassonicamente parlando, della off season. In realtà, continui ad andare in bici esattamente come il resto dell’anno.
Le giornate si accorciano, l’aria è decisamente più fresca e, in montagna, il terreno è nello stato migliore in cui lo puoi trovare. D’inverno, si sa, in montagna tende a nevicare, quindi se ne parla poco di andare in bici. E comunque, a parte allarmismi degli ultimi anni sulle precipitazioni nevose (a volta scarse, a volte troppe, mai una gioia insomma) fa un freddo boia.
In primavera si sgela l’inverno quindi hai voglia a far scaricare tutto l’umido/bagnato/avanzo di nevicata… Anche se in questa stagione i prati, con l’erba ancora secca e piatta dopo il riposo forzato invernale, sembrano fatti apposta per girarci sopra in bici.
L’estate, nonostante qualche pioggia, vede il terreno bello polveroso e forse solo ad certe altitudini tiene botta e non ti dà l’impressione di entrarti direttamente nei polmoni solo perchè lo smuovi sedendoti.
Ma l’autunno, aah. Terreno asciutto ma non polveroso, tendente a quel bagnato che sai che tiene un sacco anche quando pieghi o inchiodi con la gomma dietro. Non sudi, cosa mai banale, e ti sembra di essere sempre fresco.
Ed è in questo momento che magari parti per dei giri brevi, per raggiungere quei posti che d’estate sai troppo intasati di turisti, camminatori, famiglie. Ti godi la solitudine della salita, il silenzio di una stagione di mezzo in cui alberi, uccelli e animali in genere sembrano viversi una lunga, lunghissima domenica.
Ti tiri la salita per arrivare a posti dove, probabilmente, sei tra le ultime persone che lo vedranno prima della lunga pausa invernale. Posti che fino a qualche decennio fa vivevano praticamente 24 ore su 24, 4 stagioni su 4. In alta montagna, in piccoli microcosmi che, su vari livelli, avevano case, uffici, anche chiesette.
Pensi che una volta i sentieri per raggiungerli erano tutt’altra roba rispetto a quelli di adesso, tirati a lucido, che salgono dolcemente. Una volta andavano in su, dritto per dritto. Certo avevano la funivia, ma quella è arrivata dopo qualche anno…
Adesso sembra una città deserta di mattina presto, quasi un posto da film, horror in questo caso. Dove tra un magazzino, una porta e una cassa, ti aspetti di vedere qualche spirito dei tempi che furono, intrappolato tra le vette che salutano il sole e danno il benvenuto all’inverno.
Sai che è ti stai facendo un viaggio tutto tuo, un po’ come un bambino quando rimane per la prima volta a casa da solo. Ora sei adulto, hai un’intelligenza più o meno formata. Una percezione delle cose grossomodo razionale. Ma le chiappe ti si stringono lo stesso.
E allora, con molta nonchalance prendi la discesa. Ti immagini, in questo tardo pomeriggio d’autunno, che se ti capitasse qualcosa (una caduta, non uno zombie, si intende) probabilmente ti ritrovano per Pasqua. E ti immagini quelli che ci passavano la vita una volta come diavolo facevano.
Poi ti guardi intorno. Le montagne, l’aria, il bosco, il tramonto. Il monte Bianco all’orizzonte. Non ti sembra più così strano voler stare lì. Ma tu sei biker, e continui la discesa…