Inversioni di tendenza: il peso in DH ed enduro.
Una volta si chiamavano cancelli. Non è il titolo di un film ma è quello con cui comunemente si definivano alcune, se non tutte, le bici da discesa non più tardi di un decennio fa. La parola enduro era più che altro un modello di uno dei colossi del ciclismo mondiale e, per quanto mi riguarda, era la bici che usava un certo Darren Berrecloth in questo video qua.
Erano anni in cui i manubri raramente raggiungevano i 71 centimetri di larghezza mentre spesso le bici raggiungevano i 20 chilogrammi di peso. Non solo quelle del rider della domenica ma anche quelle dei piloti nel weekend di gara di coppa del mondo e simili. Vedi Fabien Barel in NWD 8.
Tra l’altro, se notate la bici di Barel ha verosimilmente su i Sun Ringlè MTX 33, che più o meno da sempre hanno 26 di canale interno. E pensare che 10 anni erano visti si come resistenti ma anche come delle putrelle e che, oggi, tutti impazziamo per quella grande ‘innovazione’ che sono i cerchi con i canali più larghi… Ma questa è un’altra storia…
Tornando in tema, credo che sul finire dei primi anni 2000, tra 2008 e 2010, c’è stata la prima inversione di tendenza sul peso della bici da downhill. Credo sia dovuta a tre, facciamo quattro, cose in particolare.
1. L’avvento sul circuito di coppa del mondo di piste come Pietermaritzburg e Canberra, sostanzialmente piatte e sostanzialmente da pedalare. Con 20 chili sotto le chiappe, hai voglia a farlo. E poi si sa ce quello che si vede in gara viene poi comprato dai rider ‘domestici’.
2. Il miglioramento delle gomme tubeless. Senza entrare in disquisizioni tecniche, sono migliorati i cerchi (che tengono meglio), sono migliorate le gomme (che pesano meno), si tolgono le camere d’aria (che pesavano un sacco). Non so quanti si ricordano del letale mix cerchio-camera-gomma da dh, ma credo in molti casi si arrivava a cinque sei chili tutto compreso (per due ruote si intende) se non di più.
3. L’inizio della diffusione del carbonio. Prima si vedevano solo selle e reggisella, poi i manubri, poi le ruote e infine parti di telaio e telai interi. Ovviamente intendo come mezzo gara da usare per un weekend e/o per una stagione, di prototipi e tentativi vari ce ne saranno stati moltissimi a partire dagli anni 90. All’inizio inizio non era proprio così, ma sappiamo oggi che carbonio non è sinonimo di leggerezza. Credo che i livelli di peso attuali, tra carbonio e alluminio, siano dovuti al fatto che molti costruttori siano stati ‘costretti’ a rivedere tubazioni e costruzioni varie per rendere, alla massa, appetibile per il peso anche un telaio in alluminio. Vi ricordo che sto parlando di discesa, non XC.
4. L’ultimo elemento è il boom dell’enduro. Qui, per necessità, visti i lunghi tratti pedalati nei trasferimenti e nelle prove speciali si è reso necessario trovare un compromesso tra peso da portarsi in giro e resistenza in discesa e in generale. Avendo percorsi simili, non uguali, ma simili come terreno ma anche differenti per durata è verosimile che si sia utilizzato qualche ‘trucco’ nello scambio dei pesi tra DH ed enduro e viceversa.
Per andare al punto, in una delle ultime Superenduro a Diano Marina mi ricordo una bici di Alex Lupato che pesava meno di 13 chilogrammi e una bici di Paul Aston, che ora scrive su Pinkbike ma bazzica da anni i circuiti italiani e l’Italia in generale, con una Yeti, con forca e ammo a molla e gomme da DH che pesava sui 16 chilogrammi.
All’epoca mi ricordo in molti ‘Ah che figata come è leggera, deve essere una bomba’ da una parte e, dall’altra, ‘cavolo è come portare su una bici da DH, io non ce la farei. Un pazzo!’. Si perchè in quegli anni, credo fosse il 2013, erano uscite le versioni finali in carbonio di alcune bici di coppa del mondo e voci di corridoio volevano che il loro peso fosse sui 16/17 chilogrammi, 4 in meno rispetto a pochi anni prima e decisamente in linea con la bici di Paul.
Poi è cambiato tutto. La lavorazione del carbonio è stata perfezionata e, in pratica, capita spesso che su una bici da discesa, da gara, gli unici pezzi in metallo siano i dischi dei freni, steli e foderi della forcella e dell’ammo e le varie viti. Poca roba e pochi chili, insomma.
Una delle bici più estreme è questa, più un progetto che una bici, di Fabien Cuisiniè, il team manager del team UR Polygon. La bici è una Polygon Collosus che il buon francese, coinvolgendo i vari brand sponsor del team ha portato a 13 chilogrammi circa. In pratica come la bici da enduro, 26 pollici, di Alex di solo 3 anni fa.
Nell’enduro e nella mountain bike in generale, lo sapete meglio di me, sono semi scomparse le ruote da 26 pollici e ci sono ormai 27,5 e 29 pollici. Cose più grandi che solo per una mera questione fisica, di massa, richiedono più materiale e quindi più peso. Magari poco, ma comunque di più.
In più, sempre nell’enduro, sta tornando la molla, ma di questo ne parliamo in un altro momento, dove i pesi sono superiori, anche se di poco, rispetto ad un ammo ad aria.
Ovviamente, se c’è, è una minima inversione di tendenza, quella di un enduro con bici più pesanti e di una dh con bici più leggere.
Ma una spiegazione, più logica che scientifica o ingegneristica, grossomodo può essere questa:
in discesa la gara è su una discesa (ma va?) secca, nel senso di o la va o spacca. E’ quindi più comprensibile la ricerca di mezzi più leggeri o quantomeno gestibili in maniera più agile dal rider che, oltre a mollare i freni in discesa, gli permetta di avere un pelo meno massa in frenata ma soprattutto nei tratti pedalati da spingere a tutta. Considerate che a dispetto degli 1×10, 1×11, 1×12 e 8×1000 alla Chiesa Cattolica, in discesa è raro vedere cassette con più di 7 pignoni, per cui meglio spingere qualcosa di ‘leggero’ no?
In enduro, dall’altra parte, si sta in bici tutto un giorno, si fanno ps su ps e anche al rider più esperto un bel crash capita sempre, per cui meglio non lesinare sulla robustezza del mezzo. Robustezza che non è una questione di telaio in carbonio o meno, è una questione dell’insieme della bici. Ad esempio, vediamo a quasi ogni tappa dell’EWS come ci sia chi predilige le gomme da DH (robuste e pesanti) rispetto a versioni ‘ridotte’.
Se poi ci aggiungiamo i boost di qua e i boost di là, dopo anni passati a sgrammare millesimi di grammi, ora ce li ritroviamo paro paro solo perchè abbiamo ruote più grandi e mozzi più larghi.
E siamo da capo un’altra volta!