Strength in Numbers: un giudizio critico
Da ieri sera alle 21 e per 24 ore c’è stata la premiere mondiale di uno dei film di MTB dell’anno, Strength in Numbers di Anhtill Films. E’ stata mondiale inteso come in tutto il mondo, dato che per ora era stata fatta vdere solo in alcuni selezionati eventi, come al Bike Fest di Riva del Garda, mentre ora è stata trasmessa in streaming sul web sul sito RedBull (produttore del film). Probabilmente questa tipologia di premiere è la novità più grande che il film porta con sè.
Ora, di Anthill Films se ne conosce sicuramente la tecnica e la capacità di produrre film come pochi. Si sa che sono in pratica gli ex componenti del Collective, gruppo di videomaker che con la trilogia The Collective, Roam e Seasons ha in reinventato il genere del MTB movie all’americana, pardon, canadese. Si conoscono anche i nomi dei rider, dal padrino del freeride Wade Simmonds alla giovane scoperta degli ultimi due anni di Crankworx Anthony Messere, passando per il sempre sorridente Cam McCaul e il compagno di salti Brandon Semenuk, con un pizzico di enduro europeo con Rene Wildhaber, per arrivare alla celebrazione della Mecca della DH internazionale, Fort William con Gee Atherton e tutto il circus.
Detto questo, dov’è la novità? Sinceramente non mi è sembrato niente di nuovo. Tolto forse il Nepal del segmento Wildhaber/Andrew Shandro tutte le altre location sono stra inflazionate da anni sui vari film (non solo sui singoli mini edit) e nel prossimo video che vedo Thomas Vanderham whippare e saltare le spine come fa da 10 anni a questa parte, giuro che mi piazzo sotto e lo abbatto con una controaerea.
I realizzatori del video parlano chiaro: è un video che racconta le differenze tipologie di rider e riding, tutte cose che apparentemente sembrano unite ma sono in realtà disconnesse (traduzione libera dal sito Anthill). In particolare, sono chiamati in causa freeride, downhill, big mountain, all mountain, dirt e slope style.
Oggi il sottile tra freeride e slope style, come lo intendono oltre oceano ovviamente, sembra molto sottile. Sulla downhill abbiamo già detto che viene ripresa Fort William, per cui ci può anche stare. Sul big mountain, francamente preferisco alcune sezioni degli ultimi Kranked, gli episodi di Stund o della Coastal Crew. Sull’all mountain, ok, girare a Zermatt è sempre bello, ma sembra più discesa che salita. Anche il Nepal potrebbe non essere male, ma chi è che si fa un giro pedalato in Nepal nel week end? Sul dirt, vedere il pistino del Post Office di Aptos è come vedere Belen sui media italiani e di segmenti come quello di Messere ci sono videoteche piena.
Ovviamente due cose sono indiscusse: il giudizio espresso è strettamente soggettivo e personale, è una recensione di un film visto, una critica (intesa come ‘da critico’), se vogliamo e, in secondo luogo, fotografia, tecnica video, montaggio, slow motion e qualità overall sono pazzesche.
Ma la domanda rimane: dov’è la novità? Certo racconta i vari ambiti, ma anche A Bike Film di Genepy Film lo fa (e lo trovo più divertente e con effetto novità), ma da Anthill mi aspettavo di più. Non dico qualcosa di sconvolgente, ma qualcosa di nuovo che dica ‘ecco il prossimo livello, ecco dove si spingerà la MTB’. Se l’obbiettivo era solo quello di raccontare cosa c’è e non cosa ci sarà, il film è ok, ma, davvero, mi aspettavo altro e mi sembra il ‘solito film di MTB’ che vediamo da 5 anni a questa parte, tra l’altro, sempre con gli stessi nomi. Che sia finita l’evoluzione della MTB?
Chiudo con un video sempre in ambito Anthill: ve lo ricordate il segmento di Darren Berrecloth in Roam? Quello era un segmento che ha cambiato qualcosa…
Darren Berrecloth in ROAM riding in Shore on pinkbike.com