Enduro Quo Vadis
La gara del Pezzeda mi ha lasciato un retrogusto amaro in bocca. In fin dei conti, lato competitivo non si è chiusa così male, ci sono state birre a volontà, ascoltati racconti e comunque visi sorridenti, nonostante un sabato pre gara molto indeciso, su molti, troppi fronti, e quindi un po’ turbolento. Un’atmosfera bella calda per questa terza tappa a cui vorrei aggiungere un parere poco ‘giornalistico’ e molto personale su quelle che ritengo siano le quattro parti in causa.
Iniziamo dai rider, che dopo anni di Superenduro si sono abituati bene all’organizzazione e ai regolamenti, e che quindi al minimo sentore di cambiamento storcono un po’ il naso. E’ vero che rider e team ci mettono soldi e tempo nel vivere questi eventi e che vorrebbero la perfezione, ma esistono solo le eccezioni (per citare Jovanotti). In più è Coppa Italia, per cui andrebbe onorata a prescindere, aiutando, ognuno con la propria esperienza, ad aggiustare il tiro degli organizzatori e della Federazione stessa. Ovviamente se l’intenzione è quella di far crescere il movimento e quei pochi che vanno poi a correre all’estero.
Veniamo agli organizzatori. Non ho mai organizzato niente in vita mia (il mio matrimonio l’ho delegato in toto a moglie e mamma) e svegliarsi la mattina in orario richiede già una certa pianificazione, quindi posso solo immaginare le complessità legate ad un evento come la Coppa Italia Enduro. Credo comunque sia necessario partire da qualche parte: la semplicità. La lunghezza delle prove, la prova segreta e altre piccole cose potevano forse essere messe da parte in cambio di un programma più corto ma più chiaro e quindi più semplice. Alla fine qui con due speciali si sono fatti 25 minuti di gara come a Sestri con 5 speciali. Come dire, il troppo stroppia.
La Federazione, dal canto suo potrebbe e dovrebbe aiutare dando maggiori indicazioni. Non sto scrivendo che non ci siano, sto solo chiedendo che siano più chiare. Un regolamento c’è, ma o si applica sempre o non si applica mai. Prendiamo ad esempio le tabelle. Al di là del fatto che mancava la tabella numero 1, Francesco Fregona è passato dalla tabella del ranking vecchio stile Superenduro a Sestri e San Piero, a quella da ranking simil Gravitalia di Collio. Quale è la posizione da tenere? Come mi hanno giustamente segnalato alcuni rider, se cambi tabelle ogni volta non dai mai punti di riferimento ai rider stessi, al pubblico, e a fotografi e media vari. Ovviamente se l’intenzione è quella di far crescere il movimento e quei pochi che vanno poi a correre all’estero.
Infine, quando nel 2009 mi è venuta la malsana idea di mettere on line WeekendWheels (qui una diapositiva dell’epoca che forse potevo anche risparmiarmi e risparmiarvi) è stato perchè sui media italiani non trovavo molte notizie e racconti delle gare nostrane, tolto MTBNews di Alessandro Mano. Marchette, quelle si, un sacco, ma racconti proprio no. Devo dire, da appassionato, che da allora non è cambiato molto. Ovviamente se l’intenzione è quella di NON far crescere il movimento e quei pochi che vanno poi a correre all’estero.
Che sia già la fine dell’enduro all’italiana? Io ci credo e spero di no.