Red Hook Crit Milano 7
Avete presente quando, ridendovela sotto i baffi, siete uno dei partecipanti ad una gara di enduro o di downhill e tra il pubblico meno esperto della materia sentite dire ‘Ma voi siete pazzi’?
Ecco, stavolta ero il pubblico meno esperto e ‘ma questi sono pazzi’ è pressapoco quello che pensavo guardando dei ciclisti in gara alla Red Hook Crit di Milano. Non fraintendetemi, il mio pensiero era, ed è, ‘si, sono pazzi, ma quanto vorrei essere in pista anche io!’.
In pratica il Red Hook Crit è un circuito internazionale, di solito di 4 tappe, di criterium (gara su circuito cittadino) con bici a scatto fisso, o fixed bikes, o fixie, o bici da pista, o come volete chiamarla. Il circuito di Milano Bovisa, intorno al Politecnico, per darvi un esempio è lungo circa 2km, prevede 9 curve, di cui una a gomito con muretto di cemento come sponda, e più o meno gli uomini hanno tenuto una media di 51km a giro. Più del vostro motorino…
Il Red Hook Criterium esiste da 8 anni, è nato a Brooklyn (quello con il ponte disegnato sulle cicche) dove si è corso per due anni. Poi ha aggiunto Milano, seconda località storica del circuito, dove si corre ormai da 7 anni. Nel corso del tempo sono state aggiunte Barcellona e Londra. Gara che si tiene in un giorno, anticipata da una serata su pista (a Milano si è corso al Vigorelli), con qualifiche il pomeriggio e gara la sera. Diciamo il tutto che da molto l’idea di gara alla Fast and Furious (puristi della Red Hook non datemi contro, please!): ‘vivo la vita ad un giro di pista alla volta’.
Sei batterie di uomini e una di donne fanno, più o meno 400 ciclisti, in una giornata La giornata funziona così: a mezzogiorno apre la pista e tutti hanno circa un’oretta di prove libere (o meglio di riscaldamento); poi, ogni batteria, più o meno una 70 di persone (per gli uomini, le donne erano circa 100), ha un’oretta scarsa per la qualifica di cui 10 minuti di nuovo di riscaldamento e poi 20 minuti di prove cronometrate dove conta il giro più veloce.
Come mi ha spiegato Fagiano, aka Andrea Pirazzoli ovvero la ‘sorella’ di Alex e Denny Lupato e di cui sotto potete vedere la qualifica nel video 360, di solito si provano due giri lanciati per fare il tempo. Ad occhio vi direi che ci sono quelli che lo provano tutto da soli, quelli che fanno gioco di squadra e si tirano uno con l’altro e quelli che si attaccano ai trenini degli altri.
Tutto questo senza mai smettere di pedalare, ovviamente neanche in curva, e con dei pedali che ho visto spesso ad un millimetro dal suolo nel lato interno della curva. Brrrr…
Nelle qualifiche i primi 85 tempi accedono alla Main Race della sera (più o meno in seconda serata, dopo le 22 comunque), i secondi 80 partecipano invece alla Last Chance Race che si tiene in orario di aperitivo e dove, i primi 10 alla fine possono partecipare alla Main Race finale. Le gare sono di 20 giri circa e in mezzo c’è la gara finale delle donne.
Fagiano, dopo una qualifica un po’ tribolata, interrotta e poi ripresa a metà, stavolta se l’è giocata nella Last Chance Race ed è rimasto fuori per un soffio dai primi 10.
Lo schieramento delle finali è in griglia, a cuneo, con le grigliette disegnate per terra. Quasi quasi me la faccio in garage…
La giornata ha subito un paio d’ora di ritardo a causa delle cadute, nelle batterie di mezzo degli uomini, che hanno portato a risistemare più volte le protezioni e a muovere le ambulanze. Niente di grave comunque.
Nato negli USA, quest’anno il circuito ha visto due statunitensi in testa, Colin Strickland tra gli uomini e Ash Duban, entrambi Texani. Yiiiha!
Ma gli italiani non sono da meno, vincono spesso le tappe e anche il circuito. Infatti l’anno scorso il circuito è stato vinto da Ivan Ravaioli (ex ciclista professionista), le qualifiche di Milano sono state vinte da Martino Poccianti e la gara delle donne da Rachele Barbieri (alla doppietta dopo la vittoria a Barcellona). Di fatto, dove c’è da pedalare a tutta gli italiani ci sono.
Se il pomeriggio grigio di un classico weekend di autunno a Milano è passato quasi in scioltezza, tolte le due ore di risistemazione del tutto, la sera è una bolgia.
>Durante le qualifiche il ritmo di gara è stato abbastanza blando, salvo le sporadiche volate di quelli che cercavano il tempo. E’ durante la gara, Last Chance o Main che sia, che la musica cambia.
Partono tutti a tromba, pedalando in gruppo la velocità aumenta e, sui tratti più dritti, lunghi e quindi più veloci, senti arrivare prima lo spostamento d’aria che i bikers.
Giro dopo giro, tra le urla del pubblico in delirio, sia la gara delle donne che quella degli uomini ha visto un gruppetto andare in testa.
Tre fanciulle, Rachele Barbieri, Ilaria Sanguineti e Gretchen Stumhofer se la sono giocata in volata. La prima delle tre, come anticipato, dà la botta finale che la fa arrivare per prima alla bandiera a scacchi.
Due maschietti, Stefan Schafer e Emanuele Poli (compagno di squadra di Fagiano nel Supernova Factory Team) si sono sparati gli ultimi giri a palla ma alla fine è il tedesco a staccargli 4 secondi e vincere la gara milanese.
Per i due leader del circuito, invece, una gara di relativo controllo verso la vittoria della stagione.
Dopo di ché non sono potuto rimanere a festeggiare per cause di forza maggiore e me la sono pedalata contento contento sotto la pioggia verso casa.
Alla fine, riflettendo, ho trovato almeno tre buoni motivi per assistere, se non partecipare (o almeno pensarci), al Red Hook Crit:
1. Le ragazze: lo so, è da maschilista e poi mia moglie mi picchia, ma non ho mai trovato così tante belle ragazze in gara.
2. Cibo e birra: tanti, buoni e italiani.
3. Le bici: perchè a noi le bici ci piacciono tanto, in qualunque forma, colore o misura di ruota.
Abbastanza no?
Se vi siete strippati un minimo, ecco le info sul Red Hook Crit